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Dalla fine del Settecento al 1820 la Francia è stata una presenza preponderante in Italia: attraverso le conquiste militari di Napoleone, questa nazione ha disfatto e riconfigurato, oltre sé stessa, anche tutti i vecchi stati preunitari della penisola; il nuovo modello riformato di amministrazione dello Stato è stato esportato nei tanti luoghi direttamente governati dai francesi ed è rimasto, anche quando i suoi eserciti sono andati via. In questo ventennio la città di Roma è stata investita da straordinari cambiamenti: conclusa la vicenda della Repubblica Romana del 1798-1799, i ministri di Pio VII hanno rimesso in piedi lo Stato Pontificio importando più di una innovazione già sperimentata in Francia; tra il 1809 e il 1814, quando la città conquistata diventa la seconda capitale dell’Impero, sono i funzionari francesi a prendere da Parigi le decisioni sulla sua forma e il suo destino; nella seconda Restaurazione, a fronte dei cambiamenti epocali che il passaggio del secolo ha imposto, la città è di nuovo del papa ma non è più quella che era stata. Sull’influenza della Francia in Italia e a Roma gli studi già pubblicati sono ormai abbastanza perché, in questo volume, gli autori possano porsi alcune domande meno scontate, che riguardano la città nel suo insieme, le sue architetture e il suo patrimonio antico. Nel luogo dove da secoli artisti e viaggiatori si confrontano con le rovine della Roma imperiale, come cambia lo sguardo verso l’antico e il suo uso in rapporto alla creazione contemporanea? Come si esplicita l’attenzione ormai riservata anche alle fabbriche del Rinascimento? Quali sono i modi con si configura, nel passaggio del secolo, la lezione di Roma per gli architetti che poi si trovano ad operare altrove: a Milano, o fin nella lontana Russia? Infine, una volta che la città è direttamente amministrata dai francesi, si osserva come si intendevano modificare quegli spazi e quei fabbricati che fino al Settecento sembravano costituire un panorama immutabile.