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Fin dal primo albo uscito nel 1986, Dylan Dog ha rappresentato uno spartiacque dell’immaginario collettivo. In brevissimo tempo è diventato un fenomeno di costume raggiungendo un milione di copie vendute e incarnando sogni, desideri, ansie, paure e speranze di un’intera generazione che si riconosceva in questo investigatore sui generis. Dylan era altruista, romantico, idealista e soprattutto anticonformista; agli antipodi rispetto al modello culturale dominante dei “favolosi anni Ottanta” in cui le parole d’ordine erano successo, denaro, felicità, edonismo. Dylan era (ed è ancora) un “perdente” dal cuore d’oro. Le sue atmosfere cupe e surreali, le storie romantiche e disperate mettevano all’indice le ipocrisie di un’epoca che nel giro di pochi anni avrebbe visto crollare tutte le sue certezze e i suoi miti. Attraverso gli interventi di sceneggiatori, docenti e studiosi di fumetto, questo libro affronta tutti i temi della poetica dylandoghiana – l’orrore, l’amore, il comico, il citazionismo, la rivoluzionaria modernità del linguaggio – e getta uno sguardo critico, ma non malinconico, su un’epoca di straordinaria creatività e innovazione. Il volume è introdotto da una storica conversazione tra Tiziano Sclavi e Umberto Eco, in cui a ragionamenti letterari sulla “sgangherabilità” di Dylan Dog o alla sua appartenenza alle opere di culto si affiancano curiosità sull’occulto, sui processi di “regia” di Sclavi e sul suo rapporto con i disegnatori e con i fan. Con una sceneggiatura originale di 16 tavole di Tiziano Sclavi.