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Il fascino di "Alcione" (riproposto qui nell'edizione originale del 1904) aumenta paradossalmente man mano che se ne scoprono le fonti culturali e i risvolti formali: sistemando il quadro dei fitti echi letterari emerge un florilegio di riferimenti ai classici greci e latini e ai moderni scrittori europei. Con abilitŕ da alchimista D'Annunzio sa ricavare dalla materia verbale delle fonti combinazioni originali e personalissime, come nella "Sera fiesolana" e nella "Pioggia nel pineto". Ma "Alcione" č anche un poema organico che, mentre descrive un'estate marina, racconta ben altro: il viaggio del poeta in una patria dell'anima, dove la Versilia si trasforma in un'Eliade popolata di fauni e di ninfe, un Eden perduto di cui resta solo la struggente nostalgia. Come viene analiticamente evidenziato nel saggio introduttivo di Pietro Gibellini, "Alcione" č il libro con cui ha fatto i conti tutta la poesia italiana del Novecento: dalle imitazioni alle parodie, dalle citazioni esplicite ai riferimenti sotterranei, č una specie di totem intorno al quale tutti hanno trovato quello che cercavano, per liberarsi dalla tradizione o per colloquiare con essa. Spesso si parla, perlopiů a sproposito, di libri "imprescindibili": "Alcione" lo č stato quant'altri mai, e forse lo č ancora.