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In una calda notte di luglio del 1899, la sconosciuta Tallulah - un puntino sulla mappa del Nuovo Mondo, trecento chilometri a nord della famosa New Orleans - fu teatro di un linciaggio collettivo, immotivato e feroce. La causa? Una capra abbandonata per strada aveva infastidito un dottore e provocato una sparatoria; poi una "folla ordinata" aveva provveduto al linciaggio immediato di cinque persone. Non "negri" come era abitudine in quelle lande, ma contadini siciliani, un clan familiare di fratelli e cugini emigrati dal paese di Cefalů. Il nostro governo chiese spiegazioni; non le ebbe, ma ottenne una ricompensa e tutto fině lě. In realtŕ, osserva Enrico Deaglio, "la storia era molto piů grande. Piů grande vuol dire piů orrenda, piů infame, piů misteriosa, ma anche piů avventurosa e quasi fiabesca". L'inchiesta del reporter-scrittore, alla Truman Capote, segue la veritŕ letteraria, esplora i luoghi, scava detriti di memorie e archeologie di testimonianze, delinea i contorni umani di una violenza totale. Ma poi, di rimando in rimando e di traccia in traccia, necessariamente si allarga svelando in quel crimine collettivo soltanto il precipitare di uno scenario molto vasto. Un ordine economico che aveva bisogno, nei malfamati lavoratori siciliani, di una nuova "razza maledetta" che sostituisse gli schiavi liberati delle piantagioni.