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"Non sapevo in realtŕ dove stavo andando; se me lo chiedevano, dicevo in Russia". Se anche si prendono tutti, ma proprio tutti gli stereotipi sullo strano essere che Mark Twain chiamava l'innocente all'estero, e li si dispone a formare un personaggio immaginario, si otterrŕ solo una pallida approssimazione a quel prototipo del viaggiatore, e dello scrittore di viaggi, che č stato Evelyn Waugh. Che nel 1928, quando a ventisei anni parte per la sua prima, lunga crociera nel Mediterraneo, č giŕ completamente formato, vuoi negli abiti di scena vuoi in quelli mentali, a cominciare dalla convinzione, molto fertile sul piano narrativo, che l'Inghilterra sia la norma, e il resto del mondo una bizzarra, affascinante e soprattutto comica eccezione. Etichette č il primo e piů celebre esperimento dell'autore con un genere in realtŕ molto arduo - ed č forse il piů capriccioso, attendibile e felice. E se la Napoli o il Cairo di Waugh risultano ancora oggi piů veri del vero, il merito č tutto della sfacciata certezza che ispira questa non resistibile scorribanda, e cioč che i libri di viaggio, come quell'autobiografia di cui costituiscono un sottoinsieme, siano tanto piů efficaci quanto piů si reggono "su un bel fondamento di vanteria bugiarda".